Il nuovo appuntamento di oggi per la rubrica vis-à-vis presenta una giovane artista trevisana, 21 anni ed una grande testa, piena di sogni e “cose belle” espresse in modo intelligentemente ironico attraverso le sue animation ed i suoi video. Prima dei saluti per le festività natalizie vi regaliamo questa interessante intervista, da leggere attentamente e con la quale meditare. Aggiungere parole sarebbe inutile…tutto è racchiuso in questa amabile conversazione con Roberta Durante che tira fuori un pò di sè e lo svela a noi che con grande piacere lo regaliamo a voi. Buona lettura e buona visione!
1. Chi è Roberta Durante? Dove e quando è nata? E dove si trova ora?
Roberta Durante è una di quelle coi capelli lunghi marroni e gli occhi marroni. Sono nata a Treviso nel 1989 e vivo a Venezia da due anni.
2. Qual è stata la tua formazione e come ti sei avvicinata all’arte in generale e al genere che pratichi in particolare?
Ho studiato al liceo classico ma devo ancora formarmi del tutto mi sa, ecco. Non ricordo benissimo come mi sono avvicinata all’arte, d’altra parte non è neanche un casello autostradale. Mi ricordo che da piccola disegnavo come una scema ma poi ho scoperto che tutti i bambini disegnano come degli scemi. E’ sicuramente retorico da dire ma l’arte ce l’hanno un po’ tutti, non è certo un’esclusiva, c’è chi se la tiene nel taschino dei jeans e chi la tira fuori. Io ogni tanto la tiro fuori ma mi capita anche di sedermici sopra e poi quando là sotto inizia a dare fastidio bisogna cambiarla di posto. E’ un po’ una questione di scorci, a volte si vede bene a volte si vede male, a volte te la mostrano meglio di quanto non sia, altre volte devi spostare gli attrezzi da davanti per vederla bene; per restare poi nella culla della retorica mi immagino anche che si tratti di sensibilità. C’è chi ce l’ha per tagliare dritte le siepi e chi per immortalare nature che poi diventano morte. Io in genere preferisco il dono dei primi, almeno mi fanno vedere di là. Le animazioni e i video che faccio nascono appunto da una semplice voglia di far camminare delle immagini su un pensiero nascente e su delle musiche già nate, con il presupposto che tutte queste cose insieme rendano possibile niente di meno che una piccola “sospensione del giudizio”.
3. Quali sono le tue fonti di ispirazione?
Mi ispiro molto a quello che leggo, ma non lo faccio apposta e soprattutto non escludo quasi nulla, le confezioni di shampoo che parlano in prima persona possono riserbare migliori sorprese rispetto ai Cattivi Pensieri di Paul Valèry per esempio. Non è vero. Ma quasi. Intendo dire che è tutta una questione di taglia e cuci di immagini e suoni e parole che insieme fanno un buon cartoccio di fritto misto, se ora però facessi dell’autoanalisi mi semplificherei inutilmente e il microscopio renderebbe irriconoscibile quello che ho messo sul portaoggetti. Mi piace molto la poesia, ne leggo e ci scrivo ma vorrei saperne molto di più per poterne anche dire. Purtroppo ogni tanto mi imbambolo davanti a un qualche esercizio di verbo di Tartaglia o a una qualche scrittina di Salvo Basso e mi dimentico del malloppo delle cose che ancora non so. In molto breve e sempre un po’ retorico -come mondo vuole, mi arricchisce chi mi fa vedere in modo completamente diverso ciò che vedo quotidianamente.
4. Quali sensazioni vuoi comunicare attraverso le tue opere?
Sono impreparatissima. Quelli che la sanno lunga dicono che con le etichette delle bottiglie non ci si ubriaca né ci si disseta quindi preferisco e suggerisco di bere e basta. Il buffo è che cerchiamo le emozioni e se no le costruiamo, desideriamo perdere la testa e farla perdere, sconvolgere ed essere sconvolti e tuttavia, qua e là, c’è effettivamente la necessità fisiologica di perdere la testa, di formare immagini fantasiose, quindi in qualche modo, spero anche io di fornirne qualcuna e chi la intuisce è solo uno che ha fortuna nel gioco delle associazioni; ci sono molti richiami ad altre cose nei miei video, se uno se ne accorge magari trova anche un senso ma te lo dice pure Vasco Rossi che non ha senso -e non è neanche uno che mi fa perdere la testa, ecco. Penso piuttosto a quello che vorrei sentire io dalle opere degli altri. Il dito di uno sconosciuto nel naso può essere un’idea più o meno chiara. Dev’esserci in qualche modo una botta, poi via, oppure ci si riflette. Ecco, vorrei che funzionasse così ma non so se ho premuto il bottone giusto.
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