Fino al 26 febbraio presso L’Epireo Art Gallery di Roma sarà possibile visitare l’esposizione Spectrum, del giovane artista torinese Federico Galetto.
L’eposizione, che presenta l’ultima produzione dell’autore, patrocinata dall’Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione del Comune di Roma e dal Municipio Roma IX, si inserisce nel progetto Pandosia Lab promosso dalla galleria, progetto dedicato alla giovane arte emergente con lo scopo di offrire ad essa una vetrina in più sul mondo dell’arte contemporanea.
Partendo, inizialmente, dal concetto pirandelliano dell’uno, nessuno, centomila, Federico Galetto, in questa serie, ultima nata dal suo estro creativo, si fa portavoce ed attento indagatore della parte complementare dell’io, da sempre nascosta e celata dalle sovrastrutture della ratio che, una volta persi gli impedimenti dell’autocontrollo, si libera mostrandosi nella sua forma più pura.
I nostri spettri, le proiezioni “astrali” di noi stessi, appaiono all’uomo ancora non del tutto comprensibili, restando sagome scure, scontornate, che si muovono all’interno di indefinite superfici. L’esplosione di colore che accompagna, ed a volte sovrasta, i soggetti raffigurati, rappresenta simbolicamente la massima espressione emotiva umana, l’atto finale in cui la ragione si scinde dall’istinto, scomparendo nell’ultimo bagliore di lucidità. La realizzazione grafica risente delle attuali influenze artistiche giovanili, vicine all’espressione “street” ma nell’insieme se ne distacca per i contenuti che si incentrano sull’io umano e sull’introspezione.
L’artista ha accompagnato le opere in esposizione con un breve testo esplicatico che possa meglio far comprendere i suoi intenti: “Da sempre mi affascina la distinzione tra la quota parte di realtà che appartiente al regno al-di-qua degli occhi, rispetto a quella al-di-là. Ho iniziato a narrare della duplicità di questa esistenza attraverso il così detto tema del doppio. Due lati di una stessa moneta che presto si sono diffratti in maniera quasi naturale nell’uno, nessuno e centomila. Poi la regressione in quello che mi piace chiamare lo spettro. Esiste una parte di noi sconosciuta anche a quell’uno, misteriosa e velata, che eppure tira le redini del nostro carro e ci fa esistere in quanto noi stessi a priori. Il nostro frammento di cristallo divino.
In fisica, lo spettro rappresenta l’energia emessa da un corpo in ciascuna banda di frequenza. Si passa insomma da un concetto materico, come possono essere il peso, le dimensioni, ed il materiale costituente, ad un concetto energetico che pur non si scinde dalle varie bande di frequenza (centomila e molte di più). Insomma, dalla forma alla sostanza. Mi piace pensare che il nostro Spectrum a livello psicologico ne sia la stessa astrazione, in una rappresentazione sostanziale di ciò che l’uno, nessuno e centomila rappresentando a livello di struttura.Le ramificazioni del concetto pirandelliano affondano e si incastrano reciprocamente nella società. Se ne cibano (o ne vengono fagocitate?). Lo spettro ne è digiuno, ma per questo, immune. In un era incerta, dove i valori collettivi mutano forma ed il metronomo continua ad accellerare, ma si fa di plastica, la voce del nostro spettro diventa sempre più fioca. Ha perso la voce, o il volume delle nostre cuffiette è troppo alto?”
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